Non esiste un Dio di guerra


E’ il volto dell’altro, il guardare in faccia “il nemico” e le “vittime della guerra” a darci la possibilità di scegliere la pace, la non violenza. Liberandoci dalle strumentalizzazioni di Dio, dalle guerre “benedette” e dagli immorali cacciabombardieri F35. Lo sostiene don Renato Sacco, di Pax Christi. Assieme a don Albino Bizzotto, fondatore di “Beati i costruttori di pace”, entrambi partecipanti e promotori della marcia di Sarajevo del 1992 (dove un gruppo di pacifisti “osò” entrare in un scenario di guerra per difendere la popolazione civile, senza le armi) saranno domenica 14 ottobre alle ore 17.30 (Teatro San Marco,) all’evento speciale del Filmfestival “Religion Today”: “In marcia. Pacifismo e (non) violenza nei Balcani, in collaborazione con la Fondazione Alexander Langer Stiftung. Durante l’incontro verranno proiettate interviste e clip dal documentario di Adriano Sofri: “Il giorno in cui il Papa non andò a Sarajevo”. Renato Sacco è oggi in “prima linea” per fermare il progetto di acquisto dei nuovi cacciabombardieri F35: gli abbiamo chiesto cosa dobbiamo intendere, concretamente, con il termine “pacifismo” per non rischiare che sia solo una parola, una utopia?
Pacifismo è dare un volto alle persone. Quando andammo nel ‘92 a Sarajevo fu perché la guerra aveva un volto, quello di chi viveva nell’assedio della città. Abbiamo condiviso, pianto con loro: quando si vedono le persone in volto ci si rende conto di cosa sia la guerra. Altrimenti resta teoria. La guerra oggi non fa vedere le persone che scappano, soffrono, muoiono. La pace significa dunque dare dignità alle persone, cercare armonia nei rapporti. Il rischio è appunto che la pace sia vissuta come un concetto “fra le nuvole”: è molto più facile giustificare la guerra. Perché ci sono i terroristi, gli integralisti: i motivi per un conflitto si trovano comunque.
Per un credente cosa c’è “di più” nella parola pace?
“Significa la pienezza di un incontro con Dio. La pace è il dono più grande: “Cristo è la nostra pace”, dice San Paolo. Don Tonino Bello diceva: la pace è un prodotto “DOC”. Se Cristo è la nostra pace questa è “made in Cielo”. Noi pertanto siamo chiamati a vivere con scelte concrete questo dono e impegno”.
Con quali azioni?
“Nella mia zona, nel novarese, a Cameri, c’è in programma l’assemblaggio degli F35, questi nuovi cacciabombardieri supertecnologici, invisibili ai radar. In questi giorni, mentre si parla di venti di guerra in Siria, di tagli alla spesa pubblica, sapere che uno di questi aerei costa, allo Stato, 150 milioni di euro è scandaloso, immorale. L’impegno sicuro di spesa è di 15 miliardi di euro per un centinaio di F35. Come si fa a parlare di tagli alla sanità e alle pensioni e poi investire in strumenti di attacco di guerra, non certo per la difesa? Questo progetto lo possiamo ancora bloccare: richiamando tutti a guardare in volto le persone. Chi guida un aereo non vede: colpisce a chilometri di distanza. Non vede il sangue. Non sente le grida. La guerra non ha più l’aspetto della tragedia umana”.
Come si fa a togliere, dalle mani dei governi, del potere, la “scusa” della religione, come motivo per fare la guerra, per la violenza?
“Ribadendo che ogni religione è per la pace. Ogni fede ha un Dio di pace. Il problema è che Dio, essendo “pacifista”, non incenerisce sul momento chi lo strumentalizza! A Dio dunque si fa dire tutto quel che si vuole: sul cinturone delle SS c’era scritto “Gott mit uns”, Dio è con noi. Sul dollaro troviamo scritto “In God we trust”. Dobbiamo liberare Dio, ogni Dio, chiamato con nomi diversi, soprattutto quello cristiano, che muore in croce per non usare la violenza e il potere, da ogni forma di strumentalizzazione. Ogni volta che qualcuno usa la religione per i suoi interessi è una vera e propria bestemmia”.
Vent’anni da Sarajevo: perché quel tipo di esperienza non è stata ripetuta in altre situazioni di guerra?
“ Fu la prima volta che si affacciava una nuova guerra in Europa dopo il 45. La vedevamo a poche ore di macchina da casa nostra. Ancora oggi credo ci siano molte persone disposte a rifare quell’esperienza. Tende però a subentrare un senso di frustrazione quando la logica della guerra prevale. Ma se nella guerra “conta chi vince”, la pace non va misurata con gli effetti immediati di chi sgancia una bomba e gli sembra di aver eliminato un problema. Dobbiamo trovare altre modalità: denunciare tutte le violazioni dei diritti umani. A Sarajevo abbiamo visto le bombe lanciate contro la popolazione con il marchio “made in Italy”. Non è mai successo che vengano prodotte delle armi e poi non le si usi. Chi produce armi costruisce degli strumenti di morte. Infine: come si possono creare condizioni più umane per i tanti rifugiati che arrivano anche nel nostro paese? Smettendo di vendere armi ai dittatori dei loro paesi”.

Articolo pubblicato su “L’Adige” del 13 ottobre 2012

Una risposta a “Non esiste un Dio di guerra”

  1. ‘Non so con che armi verrà combattuta la Terza Guerra Mondiale, ma di certo la Quarta sarà combattuta con bastoni e pietre’ A.E.

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