L’intelligenza senza ormoni.

All’intelligenza artificiale serve  un “cuore” oppure possiamo affidarci alle sue decisioni, precise e rapide, senza farci altre domande? L’intelligenza artificiale si sostituisce agli esseri umani per liberarli dal lavoro manuale e renderli più felici o per farne dei consumatori passivi di prodotti e servizi a beneficio di quei pochi che possiedono e sfruttano il know how tecnologico? Se ne parlerà a Trento mercoledì 21 novembre alle ore 20.30 presso la Sala della Cooperazione (Via Segantini) in un convegno organizzato dalla Fondazione Bruno Kessler dal titolo “Angeli e demoni dell’intelligenza artificiale”. Interverranno vari esperti:  Piero Poccianti, Presidente Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, Francois Pachet, direttore di Spotify Creator Technology Research Lab, Francesco Profumo, presidente FBK, Michela Milano, vice-presidente dell’Associazione Europea per l’Intelligenza Artificiale e Carlo Casonato, vice-presidente del Comitato Etico per la sperimentazione con l’essere umano (Università di Trento). A Casonato abbiamo chiesto quale sia la questione più importante attorno agli sviluppi dell’intelligenza artificiale.

“Certamente il problema del futuro del lavoro umano è rilevante, ma la questione cruciale riguarda le macchine che in futuro avranno potenzialità di decisione autonoma. La prima auto a guida autonoma inizierà ad essere venduta negli USA dal prossimo dicembre: quando quest’auto si troverà di fronte alla scelta se investire un pedone, salvando i suoi passeggeri o schivare il pedone andando a schiantarsi contro un muro, mettendo a rischio gli uomini nel suo abitacolo, cosa deciderà? Sulla base di quali criteri “etici”? Il tema centrale  dunque è quello di una tecnologia innovativa che permetterà di prendere decisioni autonome in vari ambiti: ci sta bene perdere, come uomini, il ruole esclusivo di decisione? Ci sono strumenti in campo medico che sono in grado di fare diagnosi e indicare prognosi al posto dei medici: è questo il nostro futuro? Siamo pronti a delegare buona parte dei nostri dilemmi a macchine che attraverso l’autoapprendimento non potremo più controllare?”

Dovremmo dunque capire cosa significa “intelligenza”? Può un apparato tecnologico sviluppare quella caratteristica intelligenza che chiamiamo “emotiva”, la capacità cioè di non usare solo la razionalità calcolante, ma anche gli aspetti affettivi?

“Molti dicono che alle macchine mancano gli ormoni e quindi saranno sempre inferiori all’essere umano.  La sfida è decidere se lasciare la macchina autoapprendente a svolgere le sue funzioni al posto nostro o meno. La macchina ha veramente capacità di autonomia decisionale oppure si tratta di semplice “automazione”? L’autonomia deve rimanere in mano all’essere umano, con i suoi aspetti emotivi, ponendo dei limiti alla tecnologia in vista di una centralità della figura umana nella società del futuro. Non siamo pronti per una sostituzione dell’essere umano”.

Dunque tra angeli e demoni qual’è la direzione che prenderà l’intelligenza artificiale? “Siamo noi che ci comporteremo da angeli o da demoni. La possibilità di regolare le macchine ci costringe a riflettere su noi stessi e su che ruolo vogliamo mantenere. L’intelligenza artificiale è come uno specchio: ci costringe a ripensare l’intelligenza umana”.

A livello globale però sembra che lo sviluppo delle tecnologie non abbia come punto di riferimento l’etica, ma piuttosto l’economia.

“Dobbiamo iniziare a parlare di questi temi, e il convegno di FBK serve  anche a questo. Quando ci sono interessi economici è difficile che etica e diritto possano dettare legge. Però esistono tutta una serie di azioni, comitati etici, luoghi e occasioni in  cui si sente il bisogno di ragionare su queste cose. Anche i ricercatori spesso si autoregolamentano: quando è apparsa l’ingegneria genetica sono stati i ricercatori a darsi dei limiti. Una macchina, con intelligenza artificiale,  può oggi comporre musica, fare arte, scrivere un articolo di giornale. Ma al momento gli mancano gli ormoni e la possibilità di soffrire o gioire: questo è il più grande limite che la tecnica non può superare se l’uomo stesso non glielo permetterà”.

(Pubblicato su L’Adige del 21 novembre 2018)