Di che genere è Dio?

Dio è del genere che gli attribuiamo, a seconda di cosa vogliamo dire o di chi ne parla. E’ una delle tesi sostenute in “Il genere di Dio” (edizioni la meridiana), saggio della teologa Selene Zorzi, romana. Lo ha presentato a Trento venerdì 3 febbraio, alle 17.30  a Palazzo Trentini, Sala Aurora, (Via Manci 27) in un’occasione promossa da Arcigay del Trentino.

Perché un libro sul genere di Dio?

“Negli ultimi anni in Italia si è iniziato a parlare del Gender. A molti è parso però che si trattasse di un dialogo spesso confuso. Anzi: specialisti del settore, come le teologhe da anni impegnate negli studi di genere, si sono rese conto che nella Chiesa Cattolica mancavano gli strumenti di base per parlare di tali argomenti. Il libro nasce dunque con tre intenti: chiarire la terminologia che occorre conoscere per parlare di genere; divulgare la conoscenza di questa materia, finora rinchiusa nelle nicchie degli accademici; infine contrastare la tendenza di quelli che una mia amica definisce i “catto-coranici”, una sorta di talebani del cattolicesimo, che diffondono un terrore generalizzato sul Gender, per uscire dalla dinamica del “muro contro muro” e tentare, come dice Papa Francesco, di creare dei ponti con la società odierna anche in merito a questa questione.”

 

Proviamo subito con il termine principale: il “gender”. Cos’è? Una ideologia? Un concetto?

“Esistono vari significati della parola genere: il conflitto ruota attorno a due di questi. Da una parte c’è l’accezione più nobile data da chi si occupa di studi di genere e che distingue sesso e genere: Il primo legato alla biologia e alla distinzione maschio e femmina in senso fisico, il secondo che ha a che fare con i significati culturali di questi. Dall’altra parte c’è l’accezione fuorviante che gli attribuiscono i detrattori della cosiddetta ideologia del Gender, che non sanno distinguere tra sex e gender, provocando grandi confusioni”.

 

Ma cosa sarebbe allora l’ideologia del genere?

“Mi pare che essa esista solo nella bocca di chi la critica e per come viene presentata sembra che chi ne parla non sappia nulla degli studi di genere o non li abbia compresi”.

 

Qual’è il vostro obiettivo nello studiare il genere?

Il concetto di genere aiuta a rilevare come le differenze che appaiono tra uomini e donne a livello sociale e politico, nel ricoprire ruoli di potere, non derivano unicamente dal fatto che siamo maschi o femmine. Piuttosto la loro origine va cercata in alcuni dispositivi di potere in atto in mentalità sessiste e discriminanti: gli studi sul genere sono una sorta di cartina tornasole, o se vogliamo un ago della bilancia, strumenti che rilevano – in questo caso – la misura della discriminazione di una società. Dare la colpa alla bilancia del nostro peso è un pochino contraddittorio. Fuori di metafora: incolpare gli studi di genere perché ci fanno accorgere della disparità di trattamento tra uomini e donne o nei confronti delle minoranze, è decisamente fuori luogo. Gli studi di genere aiutano in questo senso anche all’interno della teologia e della Chiesa Cattolica”.

 

Nella Chiesa Romana non c’è bisogno di grandi strumenti per verificare che c’è una disparità di trattamento tra donne e uomini. Basti pensare al ruolo sacerdotale riservato esclusivamente ai maschi. Per questo spaventano gli studi di genere?

“All’inizio questi studi hanno fatto molta paura forse perché sembravano particolarmente complessi. Il mio libretto vorrebbe aiutare a mitigare questo timore. La  complessità della materia sta soprattutto nel fatto che per misurarsi con essi è necessaria una fatica: quella di smascherare le nostre ideologie sessite. Questo è un lavoro che ciascuno  deve compiere innanzitutto su se stesso, sui propri modelli introiettati e sui percorsi della sua identità. Questi sono i passi più difficili. Il differente trattamento e il sessimo lo si vede più chiaramente in istituzioni patriarcali, ma anche  in quelle più laiche e aperte si fa fatica a liberarsene”.

 

Ma la Chiesa Cattolica come può  uscire dal maschilismo?

“Guardando il messaggio evangelico e alla pratica che Gesù stesso ha avuto nei confronti delle donne. La comunità che Gesù ha pensato non era strutturata in modo patriarcale. Non così nei primissimi decenni. Anzi, possiamo dire che proprio grazie alle spinte evangeliche, la cultura occidentale ha promosso l’emancipazione delle donne.Oggigiorno  la stessa Chiesa si sta ponendo delle questioni circa la leadership femminile nelle comunità ecclesiali, che al momento è riservata solo agli uomini ordinati. Ma come si è visto Papa Francesco ha dato vita ad una Commissione che studi la possibilità  dell’ordinazione diaconale delle donne.

 

Rispondiamo alla domanda del titolo: di che genere è dunque Dio?

“Siccome Dio non ha sesso, Egli è del genere che gli attribuiamo a secondo di cosa vogliamo dire, o a seconda di chi ne parla. Il genere di Dio è maschile, femminile, neutro, ma forse anche entrambi. Egli è il sempre altro. Di Dio si può parlare solo in metafore che possono provenire da esperienze  maschili o femminili, ma anche naturali. Più abbiamo metafore per dire la nostra esperienza con Dio  più la nostra vita spirituale risulterà ricca”.

 

Quindi anche l’omosessuale parlerà di Dio con le sue metafore? “Attenzione! Si ricordi che un omosessuale è sempre di un sesso o dell’altro. Per cui la questione qui non riguarda la sua sessualità, ma semmai la sua relazione affettiva. Come per ogni persona che fa esperienza di una relazione d’amore, anche per una persona omoaffettiva la fede in Dio sarà in grado di dire qualcosa sulle sue relazioni affettive. Viceversa le sue relazioni affettive diranno qualcosa di Dio.

Per quanto riguarda il Dio nel cristianesimo la sua immagine è trinitaria: Dio è amore. In se Dio è una relazione d’amore, di rispetto, dove l’altro è valorizzato. A questo tipo di Dio dovremmo commisurare le nostre relazioni. Come esistono relazioni della famiglia naturale che non hanno nulla di trinitario, così potrebbero esserci segni dell’amore divino anche in una relazione omoaffettiva.

 

Per quanto riguarda Dio nelle altre religioni? Parlare di genere è ancora più faticoso nell’Islam?

“Come Il femminismo è trasversale a tutte le religioni patriarcali così lo è la questione del genere:  proprio a Trento recentemente  in una tavola rotonda organizzata da Religion Today Filmfestival, con una rappresentante della religione buddhista e una islamica ci siamo rese conto che l’approccio delle femminista nelle varie religioni è lo stesso. Ci siamo ritrovate tutte a mettere in evidenza come il messaggio originario delle nostre religioni non è assolutamente escludente rispetto alle donne, ma si data loro successivamente una impostazione in senso patriarcale.

 

Uno degli spauracchi dei detrattori dell’ideologia gender è l’insegnamento nelle scuole. Quanto è importante invece che sin da piccoli si impari a distinguere, capire  e rispettare? “Di fronte all’emergenza della violenza sulle donne diffusa a vari livelli nella società o del bullismo, diventa una emergenza educare i bambini al rispetto delle differenze: di genere, di cultura e di religione. Di fatto anche quando diciamo ad un bambino che cade e si fa male “se sei maschio non piangere”, o se gli facciamo vedere certa pubblicità sessista, trasmettiamo una intera educazione di genere sessista, senza che nessuno se ne renda conto. E’ urgente quindi un intervento nelle scuole, ma anche nelle Chiese, nelle aziende, in ogni agenzia formativa. Superiamo il cortocircuito per cui l’educazione di genere significhi insegnare ai bambini ad essere gay. In realtà gay si nasce, e non ci si diventa. Quel che deve essere insegnato è il rispetto per ogni persona nella sua dignità in quanto persona creata ad immagine di Dio”.   

 

Articolo pubblicato su L’Adige del 1 febbraio 2017