Nell’ipotesi “immigrazione zero” fra dieci anni in Italia ci potrebbero essere 55.000 posti di lavoro in meno, solo nel settore dell’istruzione. Le scuole infatti si stanno progressivamente svuotando. E’ una delle cifre che è stata oggetto di riflessione nella lezione-concerto pensata dal sociologo Stefano Allievi per il primo appuntamento dell’agosto degasperiano (organizzato dalla Fondazione Trentina A. De Gasperi) lo scorso 26 luglio. Il titolo dello spettacolo è “Spaesati: del migrare e dei migranti” e ad Allievi (docente di sociologia all’università di Padova, da un trentennio studioso dei fenomeni migratori) abbiamo chiesto se lo spaesamento è riferito sia ai migranti che a noi. “Certamente ad entrambi: da quando mi occupo di migranti ho visto cambiare sia le migrazioni che gli atteggiamenti degli italiani. Ultimamente cerco di rispondere, in maniera semplice, alle preoccupazioni di un pubblico generico, non schierato. Lo spettacolo è un tentativo di spiegare il fenomeno delle migrazioni in senso storico. Per farlo ho chiesto la collaborazione della cantautrice Erica Boschiero e del musicista e compositore Sergio Marchesini: entrambi hanno un interessante esperienza sui temi dell’immigrazione. La prima riflessione che faremo sarà sulla nostra mobilità: c’è chi parte per lavoro, ma anche per amore, per turismo, per cercare una vita migliore in tutti i sensi. La mobilità sta ridiventando una caratteristica della contemporaneità: lo scorso anno ci sono stati un miliardo e trecento milioni di voli transnazionali. Non mancheremo di raccontare le migrazioni del passato, attraverso canzoni come “Mamma mia dammi cento lire” che forse non tutti sanno si tratta della storia di un tragico naufragio”.
In merito agli effetti delle migrazioni lei spesso parla di “identità reattive”: di cosa si tratta? “L’identità reattiva è quella di chi riscopre la propria identità perché ci sono degli “altri”. Qualcuno diventa cristiano perché ci sono i musulmani: prima non se n’era mai accorto! Ma anche i musulmani riscoprono di esserlo quando arrivano in Europa. Si tratta di un fenomeno tipico di questa epoca di mobilità: sentendosi “spaesati” si cercano sicurezze o un senso di appartenenza quasi tribale. Si riscoprono tradizioni dimenticate che siano funzionali al proprio senso di appartenenza ad un gruppo”.
A suo avviso questo accade perché le nostre identità sono “deboli”? “Non credo: dobbiamo superare la retorica del “noi e loro”. Tendiamo infatti a mitizzare gli altri inventando delle identità forti che non esistono. La realtà è che tutti quanti abbiamo delle fragilità maggiori dovute alle maggiori possibilità di incontro con le diversità. Entriamo in contatto con tante visioni del mondo, viaggiando fisicamente o virtualmente, navigando in internet: ecco il perché dello spaesamento generale”.
Recentemente la giunta provinciale del Trentino a guida leghista ha tagliato i fondi alla solidarietà internazionale: meno 5 milioni di euro equivalenti allo 0,24% del bilancio, nonostante uno degli slogan leghisti sia “aiutiamoli a casa loro”. Come valuta questa scelta? “L’Europa in generale fa molto poco per la solidarietà internazionale: il Trentino era molto avanti con lo 0,24%. Ha fatto un passo indietro che lo mette semplicemente in linea con il governo nazionale che è tragicamente indietro dal punto di vista della solidarietà. In ogni caso dire “aiutiamoli a casa loro” è mera retorica: non esiste un solo progetto di legge che chieda di aumentare i fondi per lo sviluppo. Anche quelli che gridano “accogliamoli tutti” fanno retorica perché purtroppo in Italia non si cercano dei risultati concreti in politica ma si lanciano slogan per ottenere consensi”.
Parliamo di numeri: la demografia cosa ci dice a proposito delle migrazioni? “Qualcuno non sta prendendo atto del fatto che gli italiani non fanno più figli. L’allarme sulla demografia è l’argomento di cui dovremmo parlare: ci sono a proposito una serie di dati terrificanti che tutti capiscono”.
Ci faccia qualche esempio.
“Da qui a dieci anni un italiano su dieci sarà un anziano non autosufficiente. Già questo è un dato terribile. Altro dato oggettivo: nella ipotesi immigrazione zero tra 10 anni perderemo 55.000 posti di lavoro solo tra gli insegnanti. Ma la tragedia è complessiva. l’Italia è un Paese di vecchi con l’età media più alta d’Europa: 44 anni. Non voler vedere queste cifre vuol dire far del male alle nuove generazioni. Possiamo affrontare il problema con varie modalità, non c’è solo l’immigrazione per avere più bambini in circolazione. Nello spettacolo vorremmo proporre una riflessione sui fenomeni oggettivi senza schierarci da una parte o dall’altra, ma alla ricerca di una risposta all’altezza del problema”.