Desiderio d’aggregazione…

filo d'erbaDall’atomo alla libertà e spiritualità dell’uomo c’è un unico filo conduttore: il desiderio di aggregazione. Ecco perché, nella vita, anche d’un filo d’erba, si può rintracciare il divino. Questa vita: conoscerla, nutrila, proteggerla è il titolo del libro che sta per uscire (il prossimo 23 aprile per Garzanti), di Vito Mancuso , noto teologo e scrittore, che sarà a Rovereto (oggi alle 17, Teatro Rosmini , per la VI edizione di «Educa» che si apre oggi). Gli abbiamo chiesto qualche anticipazione.

«La filosofia della vita nella cultura dominante, l’evoluzionismo neodarwinista, parla di selezione naturale. Nel mio libro non nego questo dato: noto però che affinché qualcosa possa essere oggetto di selezione, prima di tutto deve esistere. La logica secondo cui gli enti vengono all’esistenza è quella aggregativa. Vale per tutti i fenomeni: già a partire dall’aria che respiriamo, unione di azoto e ossigeno. Gli stessi atomi sono aggregazioni. Qualsiasi cosa che venga all’essere è il frutto di una logica aggregativa. Ci sono chiaramente momenti di disgregazione, però sono sempre funzionali ad un’aggregazione maggiore. Fin dall’apparizione della vita dalla materia inerte, fino all’intelligenza dell’uomo e infine alla libertà. Ossia la dimensione dello spirito che permette alle persone di discutere, filosofare, indagare, amare».

Lei verrà a parlare di educazione: quella dimensione spirituale che lei indica come il vertice della vita, non le sembra sempre più lontana dal mondo dei giovani e dalla cultura dominante?

«Nei giovani, e non solo, vedo un rifiuto delle categorie tradizionali. Esiste una difficoltà a recepire l’impostazione religiosa classica assieme alla visione del mondo dalla scienza e dalla filosofia. Le persone che, nonostante tale divario, si dichiarano ancora credenti, spesso lo fanno con un senso di disagio misto a insicurezza. Quando si riesce invece a conciliare la prospettiva di fede con ciò che la cultura dominante propone, la possibilità di raccordare tensione spirituale e visione del mondo, nasce un grande interesse. I giovani avvertono una ricerca autentica quando non si impone loro un principio di autorità, ma piuttosto uno spirito d’indagine simile a quello della scienza attuale. La sete di spiritualità ci sarà sempre: l’uomo consiste in questo. Quando la si concilia con la scienza allora c’è una grande festa della mente. Vedo nascere gioia e una luce particolare negli occhi di chi intravede dei percorsi. Si tratta semplicemente di rintracciare piste plausibili, rinnovando fortemente il linguaggio».

La conoscenza, l’educazione, passa necessariamente attraverso la dimensione affettiva? L’amore genera conoscenza?

«Senza eros la conoscenza non avviene. Vale per tutti. Si conosce veramente ciò che si ama e si ama solo ciò che si conosce veramente. Rileggendo l’etica di Spinoza si capisce chiaramente: da un lato l’essenza dell’uomo è il desiderio. Dall’altra esiste la volontà di porre la ragione matematica come canone ultimo. Cos’è vero? L’una e l’altra cosa: noi siamo conoscenza e affettività unite. Dio stesso è logos ed amore. La vita stessa è logos e caos assieme».

Tornando alla questione della vita: come va declinato il tema del mondo animale e del rispetto, della cura, di ogni forma di vita?

«La vita è qualcosa che ci contiene tutti: uomini, animali e piante. Senza le piante e gli animali non saremmo qui. Nel nostro corpo abbiamo un numero di micro-organismi maggiore delle nostre cellule: non è stupefacente? Dentro di noi c’è un arcipelago incredibile di microesseri. Proprio perché la nostra vita è estremamente connessa a quella degli altri esseri viventi dobbiamo salvaguardare l’ambiente e praticare un’alimentazione nonviolenta. Questa è la strada per la costruzione di una natura-spiritualità. La vita si nutre di vita e non è possibile uscire dalla catena alimentare. Anche l’alimentazione vegetariana è violenta, perché si nutre di vita vegetale. A mio avviso si può allentare questa catena: praticando un’alimentazione che contenga il meno possibile di violenza».

Lei quindi è vegetariano?

«Ancora mangio pesce, ma la carne l’ho abolita da alcuni anni».

Si vive bene lo stesso?

«A me sembra di vivere meglio per varie motivazioni. La prima è quella spirituale. Penso che l’attenzione alla sacralità della vita faccia parte di una cultura spirituale adeguata. Un’alimentazione che esclude la carne aiuta il nostro corpo. Infine gran parte dell’inquinamento dipende dagli allevamenti di animali».

Non ha timore che – dopo le varie accuse, compresa quella di gnosticismo, da parte dei difensori della tradizione e dei dogmi – verrà accusato anche di vitalismo panteista?

«Panteismo e gnosticismo sono due accuse che s’annullano tra loro. Gli gnostici antichi avevano una visione negativa della natura, al contrario dei panteisti. A volte, paradossalmente, vengo accusato contemporanemente delle due cose. “Ogni autentica spiritualità è panteista” sosteneva Albert Schweitzer. Chi pronuncia la parola Dio con non può non riconoscere che sta parlando di colui che contiene tutte le cose. Non esiste una sana spiritualità che non riconosca la presenza di Dio anche in un filo d’erba. Chiaro che Dio non si può ridurre alla natura. C’è differenza tra panteismo e pan-enteismo . Io appartengo alla seconda categoria: non credo che la materia esaurisca il divino. L’astrofisica attuale lo insegna: l’energia materiale visibile è solo il 5% del totale dell’energia dell’universo. Ma esiste il 95% di materia oscura, 25% di materia oscura unita al 70% di energia oscura, di cui non sappiamo nulla. Già solo l’astrofisica ci indica la non riducibilità dell’universo in quanto tale a ciò che possiamo vedere. Se poi vogliono darmi del panteista facciano pure. La nostra riflessione o si libera di questi schemi e pensa liberamente, per il bene, l’intelligenza e il cuore delle persone, oppure resta ancorata a vecchi e improponibili schemi».

Papa Francesco ce la farà a rinnovare la Chiesa cattolica?

«Non lo so. Ci sono segnali positivi e altri meno. Vediamo se la seconda puntata del Sinodo si chiuderà con un nulla di fatto. Fosse semplicemente solo la comunione ai divorziati risposati, se non la riscrittura dell’etica sessuale. Andrebbe messa da parte la questione della contraccezione e dei rapporti prematrimoniali: perché, così com’è, l’etica sessuale della Chiesa non viene seguita nemmeno dai cattolici praticanti. Ci sono statistiche che parlano di un 1-8% di coloro che frequentano le parrocchie a seguire le indicazioni sulle questioni sessuali. È un dato che indica la débâcle competa dell’etica sessuale. Non pretendo che si arrivi subito a riscrivere l’etica sessuale: almeno però si conceda, come il Papa vorrebbe, la comunione ai divorziati risposati. Se Francesco non ne ha la forza, allora il rischio è di un effetto boomerang: grandi attese, bei gesti, incapaci di tradursi in veri cambiamenti nella Chiesa».

 

(Articolo pubblicato su l’Adige del 18 aprile 2015)